martedì 22 dicembre 2015

Amore 2.0

Ci chiamano generazione 2.0.
La generazione 2.0 che si innamora a 14 anni.

Si innamora a 14 anni, in un qualsiasi giro in centro, quando per combattere l'ansia di vivere ha bisogno di scaldarsi il cuore.
Si innamora su Facebook, girando profili in cerca di compagnia, e in discoteca per trovare un diversivo. Incrocia sguardi passeggiando e ne sceglie uno, uno qualsiasi, uno che gli possa far fare bella figura nelle foto su Instagram e che sia popolare su Twitter così i seguaci lievitano a vista d'occhio.
Il loro amore è così profondo che sbandierarlo sui social è inevitabile, così veritiero che lo stato di Facebook passa da single a ufficialmente impegnato. E per ogni rosa c'è una foto, per ogni bacio un selfie con citazione dal libro di filosofia del liceo, per ogni mesiversario un poema di 3 pagine per giurarsi amore eterno.

Poi ci sono io.
Io e gli altri pazzi che si innamorano sul serio, a 14 anni, e che non mollano la presa perché hanno bisogno l'uno dell'altro. Per anni, o per sempre, camminano per mano e non la vogliono smettere.

C'è una lei che ha cominciato presto. Era piccola, un po' spaventata, ma non abbastanza da non sentire il bisogno di farsi avanti, smuovere le cose, non perdere un attimo di tempo.
Bea in quegli occhi verdi ci vedeva il mondo e tutti i pianeti, ed ha imparato ad amarli, col tempo; ed è lì che ha cominciato a cambiare. Sì è allontanata dalla generazione 2.0, assumendo una spaventosa consapevolezza della sua diversità. Inusuale per un metro e settanta di ricci marroni.
Inusuale per una cinica e permalosa, che viveva in attesa del suo Richard Gere come in Pretty Woman, giurando di non accettare mai nulla che fosse meno di ciò che voleva.

Ma Bea è una bambina, e una bambina è una donna, e vuole i fiori a casa, le coccole sotto le coperte, le sorprese fuori casa, le fughe e le avventure. Bea è il centro dell'universo, vuole essere rassicurata, e ha bisogno di un Richard che non abbia difficoltà a mostrare, con gesti e parole, quanto la sua piccola 14enne sia importante.
Così un giorno ha letto troppi libri, ha riso troppo forte, ha ingoiato troppo vino, ed è andata via. Ha detto ciao a tutta la sua vita, si è voltata, e ha fatto un'altra strada per la via di casa per bisogno di aria nuova.
Lì, su quella stessa via che per 3 anni ha visto i loro passi affiancati e coordinati.

Bea infondo non è della vostra g-e-n-e-r-a-z-i-o-n-e 2.0. I mi piace a quella tipa non le sono mai piaciuti e il suo Richard doveva avere una sola donna, non 5. Forse non si bastavano più.
D'altronde lei si conosce, lei lo conosce. Conosce a memoria tutti i suoi sbagli, e quelli di lui, e sa che si erano persi sulla via del fatidico ritorno, e che davvero, forse per la prima volta, mettere un angolo alla pagina e chiudere il libro per riprenderlo più tardi, dallo stesso punto in cui lo aveva lasciato, era la scelta giusta.
Ma Bea la porta l'ha chiusa piano piano mentre la generazione corre veloce. Nuove facce su Facebook si tuffano in una chat pulita, appena aperta, pronte a mangiare il suo caro vecchio Richard. Che in quel boccone ci capiti un nuovo riccio tenerino è il suo augurio. O meglio, è la sua speranza per il suo Richard 2.0. Due punto zero, nuovo, irriconoscibile, come i ragazzi di questi tempi, malati di assenze, incapaci di presenze. Ssh, è ora di fare silenzio su Whatsapp, non c'è tempo per amori 2.0, l'upgrade delle nostre relazioni.


lunedì 7 dicembre 2015

Cosa vuoi fare da grande?

Cosa vuoi fare da grande è una domanda che ci viene chiesta da quando abbiamo 3 anni e sogniamo di essere ballerine, astronauti e presidenti, a quando arriviamo a fare una scelta concreta. A quel punto, ci lasciano in pace. Si presuppone infatti che se sei regolarmente iscritto a Medicina alla Cattolica e frequenti allegramente, allora ''da grande voglio fare il medico''.
Ma per arrivare a scegliere quella benedetta facoltà, eccome se si suda.

Ci chiedono cosa vogliamo fare da grande durante tutti gli anni delle scuole, e noi magari un'idea anche ce l'abbiamo ma la teniamo per noi stessi. Sarà la paura di non essere all'altezza o l'amara consapevolezza che l'idea è troppo lontana e troppo grande per essere realizzata, e ci limitiamo sempre a un ''c'è tempo''.
E' vero, c'è tempo per pensarci, c'è sempre stato tempo, dato che è da anni che uso quella risposta per sviare il discorso e allontanare l'ansia. Ma quando si arriva a 18 anni, al primo quadrimestre di Liceo Scientifico, con una responsabilità enorme sulle spalle, la scusa del tempo non vale più. E cosa rispondiamo?



Penso che vorrei fare la video maker, montare i trailer di Hunger Games per far impazzire milioni di spettatori nell'attesa; la youtuber, e incontrare Pewds nello Youtube Space a Los Angeles, quando ci passa; la life style photographer, e girarmene beatamente per il mondo come fanno Jay Alvarrez e Alexis Ren e la loro vita perfetta; la blogger, ma non di questo blog, di qualcosa di enorme e di successo. Vorrei fare un progetto come il Follow me di Murad Osmann per viaggiare in tutto il mondo, e la modella di Victoria's Secret a cui si specchia metà popolazione femminile; la designer di interni per lavorare sugli attici di Beverly Hills e far vivere super star in capolavori di case e la graphic designer così questo sito sarebbe un po' più carino.

Alla fine, dopo una serie di pensieri che si susseguono velocissimi e che non faccio in tempo a delineare per bene, dopo un paio di film ed essermi immaginata surfista sulle onde di Miami e ginnasta alle olimpiadi di Londra che manco un Oscar mi basterebbe come premio, rispondo che farò i test all'università e poi 'vedremo come va'.

Sì, vedremo come va a vivere le mie decine di seconde storie nella mente per una vita intera, e a precludermi di provare a fare qualcosa di alternativo solo per il gusto di aver tentato.
Anche se forse va bene così, che se fossimo tutti youtuber gli spettatori non li farebbe nessuno.

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