E’ la prima volta che uso il computer in aereo, e questa
cosa mi fa tanto Americana nel mondo del business, forse.
Ho pensato di approfittare di queste ore in volo per
cominciare a raccontare delle due settimane più incredibili, coinvolgenti e
uniche che mi sono state regalate.
E’ cominciato tutto il 28 Gennaio, dove ero rimasta con i racconti più o meno.
28 Gennaio, una data segnata sul calendario da tantissimi
mesi, un countdown lunghissimo, un giorno che sembrava non arrivasse mai.
Mentre prendevo il bus per andare a scuola quella mattina,
fissavo e rifissavo la data sull’iPhone, in un misto di emozione e incredulità. La giornata nelle varie classi era diversa
dal solito, sembrava che il sole brillasse di più e i problemi bruciassero di
meno. Ho i fatto i compiti più veloce
possibile, preparato tutto (compreso un cartello che poi ho dimenticato a
casa), preso un pacchetto di fazzoletti extra e dopo un ‘’sono arrivata’’ letto
sul cellulare, sono volata alle 19.30 con la mia host mum all’aeroporto di
Minneapolis.
Un grandissimo flashback a quando in quell’aeroporto
atterravo io, 6 mesi fa, con le lacrime agli occhi e la gioia nel cuore. Con la
confusione, la paura, la curiosità. Rivedere quel posto dopo tutti quei mesi ha
fatto un certo effetto anche a me, non solo a lei che per la prima volta ci è
arrivata, e ha letto ‘’Minneapolis Saint Paul Airport’’ consapevole che al di
là di quelle porte ci saresti stata io.
La mia hmum mi ha lasciato di fronte al terminal: io
tremavo, piangevo, fazzoletto alla mano. La gente mi guardava e rideva, ma certe emozioni si sa.. sono incontenibili.
Quando l’ho vista lì, seduta ad aspettare, un paio di
valige, e il cellulare per controllare i miei messaggi, ho corso, e ci siamo
regalate l’abbraccio più bello ed emozionate che io abbia mai provato.
Dopo 6 mesi, a 17 anni e dall’altra parte del mondo, ripoter
riabbracciare il sangue del proprio sangue è una cosa indescrivibile.
Non c’era nessuno schermo lì in mezzo, nessun ritardo di
connessione, fusorario, assolutamente niente. C’eravamo io, e lei. E
nient’altro.
Benvenuta in Minnesota mamma.
E’ arrivata di mercoledì sera di un normalissimo giorno di scuola, e mi ha portato la gioia, la forza, e tutto quello che mi mancava.
Incredibile quanto la distanza anziché distruggere i
rapporti, li fortifichi in una maniera incredibile. Mi sono sentita legata a lei
più di sempre, come se il cordone ombelicale non lo avessero mai tagliato.
Vederla nella mia Shoreview, nella mia scuola, nella mia
camera, era stranissimo. In tutti questi mesi l’Italia e l’America sono stati
due mondi separati, e le mie due vite che non si sono mai mischiate. Ora invece lei
aveva creato una connessione.
E’ stata in Minnesota 5 giorni, ma sono sembrati molto di
più. I primi 2 la mia host mum l’ha un po’ scarrozzata in giro e l’ha portata a vedere
un paio di cose mentre io andavo a scuola. Nel weekend invece ho dormito con
mamma in hotel e ci siamo strapazzate fino all’ultimo.
Le ho fatto visitare la mia High School, il Mall of America,
la milionaria North Oaks, siamo andate in palestra, a fare shopping, a mangiare
indiano, messicano e americano, ed era solo l’inizio.
Lunedì mattina altra valigia, stesso aeroporto, e io e la
mia mamma siamo partite per la California. Inutile descrivere l’emozione
dell’atterraggio a San Diego, con 25 gradi, maniche corte, palme e sole, dopo i
mesi di segregazione in casa a -20 gradi di media.
San Diego è stata la ciliegina sulla torta. L’abbiamo
visitata tutta da capo a piedi, sempre mano per la mano, baci bacissimi e
abbracci strettissimi. Quando hai solo 10 giorni li devi godere al massimo, no?
Siamo andate a vedere le balene nell’oceano, le spiagge
californiane, le zone messicane, le foche, i tramonti più belli, l’enorme zoo
di San Diego, la Fashion Valley all’aperto.
Abbiamo preso taxi, macchinoni, barche, pulmini e
bici-tricicli.
Abbiamo fatto bagni in piscina all’aperto, con un caldo che
sembrava Agosto.
Sono salita su un palco davanti a 2000 persone e ho ricevuto
tantissimi complimenti.
Abbiamo fatto tutto lo shopping che ci era mancato, ci siamo
divertite come le pazze.
Abbiamo condiviso tutte le foto di questi mesi lontani, il
suo viaggio in Cina, la mia vita Americana.
Ci siamo aggiornate su cose succede da me, su cosa succede a lei, e su cosa succede
a casa.
Ho saputo di Domenico che cresce, di crisi universitarie, di
nonni anziani che stanno bene, di poca neve e meno freddo, di un liceo che ha
messo i trimestri, di bunker di libri, di gente che si lascia, gente che si
ama, gente che non va d’accordo, di vita vissuta e vita sprecata.
Dal mio sedile, con le lacrime che continuano a scendere (quando mi commuovo io mica smetto eh! Sono un caso unico) e l’America fuori dal finestrino, so che ora ho una marcia in più, una spinta extra per i 4 mesi che rimangono.
Non vedo l’ora di creare nuovi ricordi, visitare nuovi
posti, prendere altre A, conoscere altra gente, ridere con gli Americani e
ridere degli Americani, con l’energia che ho sempre avuto.
Perché tra 4 mesi questa scena si ripresenterà di nuovo:
sedile, volo sull’America e fazzoletto alla mano. Ma so che piangerò non per
aver appena lasciato la mia mamma per 4 mesi, ma per aver appena lasciato la
mia vita Americana per sempre. Quindi finché posso la voglio vivere al massimo.
Si torna in Minnesota, si affronta tutto, sono pronta e
felicissima.
Grazie mamma per essere stata l’estate nell’inverno più freddo.
Ci vediamo presto.
Livia
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